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L’autunno bollente dell’ormai ex rottamatore

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Ci vorrebbe un’Olimpiade al mese da qui a Natale (meglio se non organizzata in Italia “alla brasiliana”…) per permettere al governo italiano di mischiare un po’ di carte, ovviamente a partire da quelle mediatiche. Ti incolli alla tv e la medaglia d’oro della Bacosi e quella d’argento della Cainero, cecchine cui va tutta la nostra ammirazione, spingono in giù, molto in giù, escludendola dai titoli la notizia che l’Italia è a crescita zero mentre si affonda non in pedana ma nel debito pubblico. Si dirà: la Rai è particolarmente patriottica, sensibile ai trionfi olimpici, e infatti ha ricordato in tutte le salse il suo ruolo di “servizio pubblico” per la dipartita di Ettore Bernabei, motivatamente celebrato come eponimo della tv pubblica negli anni precedenti alla sua berlusconizzazione. Per come l’ho conosciuto, vedendo l’impaginazione dei tg avrebbe sorriso: sia per la furbizia di poco conto ma di forte impatto sul teleutente distratto che premetteva le medaglie alle notizie economiche da panico, sia per l’agiografia diffusa che gli veniva dedicata. Riteneva questa tv semplicemente il contrario di quella che aveva pensato e attuato lui in tutt’altri tempi, dichiaratamente alle prese con la politica ma con un occhio al Paese nel suo insieme. Il paradosso è che quella tv, al contrario di questa inconsistente e auto solubile, forniva ragione di critica, ma ad un livello di cultura di chi la faceva e chi la criticava più che rispettabile, per di più in un’Italia economicamente molto lontana dalla sofferenza e dalla presbiopia di quella di oggi.

Perché questo è il punto che sembra sgusciare via dalle considerazioni di tutti, sempre posposto ad altre esigenze: è economicamente, e da ogni altro punto di vista, il momento più difficile di questo Paese dal secondo dopoguerra, e “non si può parlare al guidatore” di un autobus mal pilotato e male indirizzato, perché il dialogo politico è praticamente estinto, come la classe dirigente che se ne dovrebbe assumere la responsabilità. Dopo due anni e mezzo di governo Renzi questi dati dovrebbero essere sufficienti per un bilancio vero, serio di come va il Paese. E invece divampano le Olimpiadi, e manca poco che Padoan cerchi di convincerci per conto Renzi che la crescita zero non è poi così male. Come in un gigantesco casinò, si parla invece solo – e nella maniera mediatica che sappiamo – del referendum costituzionale, cambiando il premier e i suoi fedeli continuamente i tavoli da gioco. Prima era lo Chemin de fer del referendum su di lui (“troppo personalizzato”, persino per Napolitano…), poi si è passati al Blackjack della “materia innovativa” interna allo stesso, adesso tocca alla roulette della “marcia indietro del Paese” se vincono i “no”.

Dimenticando in fretta che Renzi doveva rottamare per cambiare, non partorire leggi elettorali pensate per lui che vanno bene solo finché non favoriscono altri, nel caso il M5S. O buttarsi su riforme costituzionali palesemente congegnate sulla sua misura, che è francamente quella che è… Il tutto mentre i suoi avversari di ieri e di oggi rimangono quelli che hanno affossato l’Italia e che lui doveva scalzare per far rinascere il Paese. Che dati alla mano invece è moribondo, e passa le vacanze in patria forse più per carenza di mezzi o paura di spendere che per precauzione anti-Isis.

Autunno bollente, tra i nodi del sistema bancario con i postumi di una direttiva europea recepita con un ritardo che può avere risvolti penali, e il timore che sulle tracce della Fiat scappino all’estero in parecchi. Eppure il contesto sembra contare poco: il casinò del referendum è tutto quello cui il governo sembra tenere. Per questo ha messo in moto ogni suo croupier ancora disponibile…

Oliviero Beha, Il Fatto Quotidiano


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